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La speranza è un farmaco

Introduzione

La mia curiosità nei confronti dell’effetto placebo e nocebo è nata durante l’ascolto di una video lezione di BioPsicoQuantistica, disciplina cardine del mio percorso di studi di Naturopatia Evolutiva. Trattando di Overdiagnosis, il docente, il Dott. Natale Petti, giunge a spiegare che le aspettative negative sulla malattia, derivanti da una diagnosi nefasta, possono portare alla comparsa o al peggioramento dei sintomi in un paziente. Per meglio esplicare questo concetto, il docente ha inserito nella sua lezione uno spezzone di una conferenza di colui che è ritenuto uno dei più autorevoli studiosi a livello internazionale dell’effetto placebo e nocebo, Fabrizio Benedetti, professore di Fisiologia umana e Neurofisiologia all’Università di Torino.

Ricercando approfondimenti sugli studi del Prof. Benedetti, mi sono imbattuta nel suo libro “La speranza è un farmaco”. Un tale titolo ha stuzzicato fortemente la mia curiosità. Un uomo di scienza che attribuisce a una emozione un’efficacia farmacologica non capita frequentemente, dunque ho voluto scoprire il contenuto di questo testo.

Benedetti racconta i passi salienti della sua carriera di medico ricercatore attraverso i quali è giunto a dimostrare con rigore scientifico che le parole, l’empatia, il calore umano e l’infondere speranza possono influire in maniera incisiva sul decorso della malattia. Egli dimostra in maniera inconfutabile che la speranza di guarire può generare nel paziente concreti miglioramenti ed effetti paragonabile all’inoculo di farmaci antidolorifici. Nel libro, assieme all’approccio scientifico, sono raccontate le esperienze di alcuni malati che hanno deciso di sottoporsi oltre che alle terapie classiche, anche a terapie sperimentali, basate sulle parole e sull’interazione tra medico e paziente, con lo scopo di creare l’indispensabile e benefica empatia che può alimentare la fiammella della speranza in chi soffre.

L’autore dimostra che le parole possono attivare le stesse vie biochimiche di farmaci come la morfina. Si può parlare, dunque, dell’apertura di uno scenario rivoluzionario in cui le parole di speranza diventano parte integrante della terapia medica.

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A cura di Annarita D’Urso

 

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