Non si può impedire agli uccelli della tristezza di passare sopra la tua testa, ma si può impedire loro di fare un nido nei capelli.
(Proverbio cinese)
Quando la tristezza ci parla
Al centro di un giardino di rose, cresceva un albero dai rami contorti che non sapeva chi fosse. Le rose del giardino erano sempre di buonumore e facevano a gara per far sbocciare i fiori più belli.
Anche l’albero si sforzava per far sbocciare rose dai suoi rami, ma tutti i suoi sforzi erano inutili. L’albero era triste e passava le giornate a piangere.
“Non devi preoccuparti” gli disse una rosa che cresceva vicino a lui. “È questione di concentrazione. Tu concentrati sul fiore che vorresti far sbocciare e ce la farai“.
“Dai tempo al tempo” disse un’altra rosa. “Anche io durante il mio primo anno di vita ho prodotto soltanto un fiore rinsecchito“.
Nonostante i consigli delle rose, l’albero non faceva altro che foglie ed era sempre più triste. Un giorno si posò sui suoi rami un passero e vedendo che l’albero piangeva gli disse: “Non preoccuparti, il tuo problema è lo stesso di tanti esseri umani. Non passare la tua vita a cercare di diventare ciò che gli altri vogliono che tu sia. Sii te stesso, conosci te stesso e per far questo ascolta la tua voce interiore”.
L’albero per molto tempo pensò disperato alle parole del passero, quando si tappò le orecchie e all’improvviso aprì il suo cuore e comprese. Sentì la sua voce interiore che diceva: “Non darai mai mele perché non sei un melo e non fiorirai in primavera perché non sei un cespuglio di rose. Tu sei una sequoia e il tuo destino è crescere alto e maestoso, sei qui per offrire riparo agli uccelli, ombra ai viaggiatori, bellezza al paesaggio. Tu hai questa missione, seguila”!
A queste parole l’albero cessò ogni tentativo di diventare qualcun altro. In breve tempo, riempi il suo spazio e fu ammirato da tutti.
Da quel giorno il giardino divenne davvero un luogo felice.
La storia dell’albero triste
Questa storiella ci introduce nel mondo della prossima emozione: la tristezza. Prima di analizzarla nell’ottica della Medicina Tradizionale Cinese, vediamo di cosa si tratta.
Di sicuro, nella ruota delle emozioni, la tristezza si trova in opposizione alla gioia. Comunemente essa è quel sentimento che di solito proviamo di fronte a un errore commesso, una delusione, la perdita di qualcosa o qualcuno a cui eravamo legati, situazioni che ci portano ad esprimerla in varie sfumature: abbattimento, malinconia, solitudine, chiusura, disperazione, dolore… Spesso la temiamo e la “scansiamo” perché la associamo alla depressione, ma in realtà essere tristi non significa essere depressi: la tristezza è un’emozione fisiologica purché non ci identifichiamo per lungo tempo in essa, la depressione invece è un disturbo psicologico.
La storiella iniziale ci insegna che, come tutte le emozioni, anche la tristezza veicola un messaggio: “accettare qualcosa così com’è”. Certamente spesso necessita di tempi lunghi di elaborazione, per questo motivo l’azione da attuare, quando la proviamo, è accettare di attraversarla senza respingerla o ignorarla. Si potrebbe associare questo stato d’animo alla condizione del feto nel periodo di gestazione nell’utero materno, dove rimane per nove mesi prima di venire al mondo.
Lo stato di chiusura cui dobbiamo sottostare quando siamo tristi presenta una situazione analoga. Se riusciamo a capirlo, esso può trasformarsi in uno dei momenti di maggiore potenzialità creativa da cui partire per iniziare una nuova vita. Il raccoglimento, determinato dalla tristezza, dunque, può facilitare la nostra capacità di analisi e riflessione profonda sugli eventi della vita, ci consente di dare un senso a ciò che ci accade e che percepiamo come spiacevole, offrendoci uno stimolo al cambiamento, al raggiungimento di un nuovo equilibrio proprio perché, se siamo capaci di ascoltare, ci mostra nuove prospettive alle quali non prestavamo attenzione.
La tristezza nella Medicina Tradizionale Cinese
La tristezza secondo la MTC è legata al Movimento Metallo, che ha come corrispettivo fisico il Polmone e il Grosso Intestino e come corrispettivo energetico l’autunno.
Non è difficile intuire il motivo della correlazione tra tristezza e autunno. La tristezza ci porta alla chiusura, all’introspezione. In effetti, in autunno avviene la stessa cosa: la natura si raccoglie in se stessa e si prepara alla stagione invernale.
C’è sicuramente una nota malinconica in questa stagione: la vitalità dell’estate è cessata, gli alberi perdono le loro foglie, il sole che cala all’orizzonte non è più così caldo come nella stagione estiva perché Il massimo dell’energia Yang, presente nella bella stagione calda, inverte la sua polarità e diventa Yin che si avvia verso l’oscurità, il freddo e l’immobilità della stagione invernale. In autunno anche noi dobbiamo prepararci al buio, al riposo invernale, conservare ciò che è necessario ed eliminare il superfluo, difenderci dalle intemperie del freddo e rafforzare il nostro sistema immunitario.
L’energia dell’autunno si ritira, si interiorizza e nasconde. Il Metallo rappresenta bene questa tendenza alla condensazione, più è duro e più resiste.
Il Polmone è l’organo particolarmente animato dall’energia autunnale: raccoglie ossigeno, aria nuova e la distribuisce a tutti gli organi, eliminando l’anidride carbonica. Esso si fortifica con il senso di giustizia, ma si indebolisce con la tristezza, che inevitabilmente colpisce anche il Cuore. Come ricorderai nell’articolo sulla Gioia, il Cuore in MTC è considerato l’Imperatore a cui tutti i sudditi (organi) si rivolgono ogni volta che c’è un problema emozionale. Nel caso della tristezza, il Cuore è coinvolto ancora più intensamente proprio per la sua stretta correlazione con il Polmone, infatti questo risponde ai comandi (battiti) del Cuore portandoli in tutto il regno (grazie al respiro) fino ai suoi confini (pelle).
Il rapporto tra questi due organi è espresso bene nell’ideogramma cinese della tristezza…
Nella parte alta sono rappresentate due persone nell’atto di darsi le spalle, mentre in basso è rappresentato il Cuore, luogo delle emozioni. Ne deriva che dal punto di vista della MTC la tristezza equivale a un cuore che si rifiuta. Ecco chiarito perché la tristezza eccessiva e protratta nel tempo può avere effetti lesivi non solo sulla fisiologia del Polmone ma anche del Cuore.
Dal punto di vista energetico, la tristezza “consuma e disperde il Qi del Polmone e del Cuore”. L’esaurimento del Qi può dare adito a diverse manifestazioni come senso di abbandono o separazione ma anche apatia, respiro superficiale, voce debole, tendenza al pianto o senso di oppressione toracica. Dove c’è un deficit infatti, si riduce la possibilità di scorrimento del Qi e del Sangue, comportando stagnazione e costrizione.
Per rendere meglio l’idea possiamo pensare al liquido che scorre in un tubo: se è abbondante e c’è spinta scorre fluido, se c’è poco liquido ci saranno un rallentamento e una successiva stasi, stagnazione. Questo è quello che accade alla nostra energia.
La dispersione del Qi è una condizione dannosa per il Polmone che per sua natura tende a “mettere insieme” e “mandare in profondità”. In sostanza ha la tendenza alla condensazione e all’approfondimento, mentre la dispersione va in direzione opposta. Tutto ciò che si disperde diviene rarefatto e tende verso l’alto, non in profondità.
Un esempio è il respiro superficiale.
Tristezza e Riflessologia plantare
Una tecnica olistica molto interessante che la Naturopatia ci offre per riarmonizzare i nostri squilibri energetici è la riflessologia plantare. Una pratica antichissima, che esercita una digitopressione su punti specifici del piede per stimolare tutti i meridiani collegati ad organi e apparati corporei, sapientemente suddivisi in zone precise della sua superficie.
La Riflessologia plantare è in grado di svelarci la storia dei disagi e delle problematiche della vita di ogni individuo sotto l’aspetto fisico (malattie, organi, apparati del corpo umano), emotivo (emozioni che hanno condizionato il nostro vissuto) e spirituale (la persona che siamo ed il nostro progetto di vita). Potremmo dire che leggere un piede è come leggere un capitolo della nostra esistenza!
La Riflessologia plantare ha come fine il riequilibrio dell’intero organismo per stimolarne le capacità di autoguarigione, non si pone come alternativa alla medicina tradizionale, ma può lavorare in sinergia con essa.
Proprio perché va a trattare tutti gli apparati riflessi nella pianta dei piedi è in grado di stimolare la “vis medicatrix naturae”, la nostra capacità di autoguarigione. Inoltre, poiché tutti gli apparati sono legati alle emozioni, essa, agendo anche a livello psichico, può apportare benessere psico-fisico alla persona.
I punti riflessi del piede vengono usati in sostanza come degli interruttori elettrici: una volta accesi, gli organi e gli apparati si riappropriano della giusta energia vitale per funzionare al meglio.
Questa tecnica olistica risulta efficace per tutti i dolori più comuni che vanno dal mal di testa al mal di schiena, ai problemi alle ginocchia.
Può aiutare inoltre a risolvere episodi di insonnia, indigestione, cellulite, stress, ansia e naturalmente può equilibrare emozioni come la tristezza.
A cura di Luisella Santangelo
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