Sorella mia, mia sposa, sei come un giardino recintato e chiuso […]. Le tue nascoste bellezze sono un giardino di melograni, dai frutti squisiti, con piante di cipro, nardo e zafferano, cannella e cinnamomo, ogni specie di piante d’incenso, mirra e aloe, e tutti i profumi più rari.
(Cantico dei Cantici, 4,12,13-14)
Come la fitoterapia essa ha origini antichissime. Fin dagli albori della storia, l’uomo ha utilizzato le piante e le erbe non solo per alimentarsi ma anche per curarsi. Era facile che venisse attratto dalle piante più profumate, che poi spesso destinava alle divinità a scopo propiziatorio. Il denominatore comune, infatti, nell’uso dei profumi nel passato, era la convinzione che i balsami odorosi avessero un’origine divina. E siccome la malattia era spesso vista come conseguenza dell’ira divina e si riteneva che il dio potesse anche guarirla, gli antichi popoli impiegavano i balsami odorosi, emanazione della divinità, anche come medicinali.
Vediamo qualche documento in merito alla sua storia…
In Mesopotamia, nell’Epopea di Gilgamesh (3000 a.C.) si fa riferimento a una supposta di aromi, invece 700 anni dopo, in una tavoletta cuneiforme si parla di ben 250 specie vegetali, tra cui rosa (che i mesopotamici usavano per lavarsi il capo, il viso e per sciacquarsi la bocca), pino, cedro, mirra, camomilla, timo, cardamomo, finocchio, mirto, etc. Gli oli balsamici, nella terra tra i due fiumi, venivano prepararti vicino ai templi, in genere con il metodo della macerazione e usati, successivamente, per scopi religiosi e terapeutici.
Anche gli Egizi non si discostarono dai popoli mesopotamici. Ricordiamo che i profumi erano molto amati dalla bellissima Cleopatra, che era solita cospargersi diverse parti del corpo con le essenze più varie. I sacerdoti conoscevano le proprietà curative dei balsami che preparavano in una stanza annessa al tempio. I medici-maghi usavano le “piante della vita”, così le chiamavano, per curare corpo e mente, mentre gli oli, per lo più di incenso, cedro e storace, erano usati nella pratica della mummificazione, come si evince dal ritrovamento nelle viscere delle mummie di trucioli di legni odorosi. Il viso del defunto era cosparso con sette oli diversi, perché il sette era considerato un numero rituale, e il corpo veniva purificato con vino di palma mescolato ad incenso. Quando nel 1922 venne scoperta la tomba di Tutankhamon, le essenze contenute nei vasi di alabastro erano ancora così profumate da impregnare l’aria.
Lo storiografo greco Erodoto, nel secondo libro delle Storie, ci descrive dettagliatamente come avveniva la mummificazione, differente a seconda della classe sociale di appartenenza del defunto. Se era ricco, dopo aver eviscerato il cadavere, il suo ventre veniva riempito di pura mirra tritata, di cannella e di altri aromi. Nel caso di persone meno abbienti, l’eviscerazione non avveniva, ma nel ventre del defunto veniva iniettato un liquido corrosivo a base di olio di cedro.
Per quanto riguarda i Greci, preferivano gli oli di rosa, maggiorana e basilico per la pulizia della persona e delle palestre. Si cospargevano la barba, le sopracciglia e le piante dei piedi di essenze che preparavano facendo macerare le piante aromatiche in olio di oliva, di croco, di sesamo o di mandorle. Il Trattato degli odori di Teofrasto (II secolo a. C.) documenta, inoltre, che gli aromi venissero impiegati anche per scopi terapeutici in quanto questo manuale descrive le proprietà degli aromi delle piante medicinali, di resine e fiori.
Anche a Roma i profumi erano molto usati, probabilmente grazie al soggiorno di Cesare in Egitto, presso la corte della sua bella Cleopatra. In età imperiale le essenze erano amatissime, tanto che i sedili dei circhi ne venivano cosparsi prima di ogni spettacolo e nelle case dei patrizi un braciere sempre acceso diffondeva in ogni ambiente domestico aromi di ogni sorta.
Se dal mondo antico ci spostiamo all’età medievale, scopriamo che le essenze erano diffuse per coprire gli olezzi e i miasmi presenti nelle strade, oltre che per combattere le epidemie tanto diffuse. A tale proposito, si legge in un passo del Decameron di Boccaccio che durante la peste del 1348 alcuni uomini portavano nelle mani chi fiori, chi erbe odorifere e chi diverse maniere di spezierie, quelle al naso ponendosi spesso, […] con ciò fosse cosa che l’aere tutto paresse dal puzzo dei morti corpi e delle infermità e delle medicine compreso e puzzolente. (G. Boccaccio, Introduzione alla I giornata, Decameron).
Questo abito, noto come maschera del Medico della peste, già noto nel Medioevo, ma poi perfezionato nel 1600, veniva usato effettivamente dai dottori e chirurghi come uniforme medica per proteggersi dal morbo quando andavano a visitare i malati di peste. La maschera copriva il viso con un ovale in cui si aprivano due fori tondi, all’altezza degli occhi. Nella parte inferiore del viso, si allungava un poderoso naso adunco, a mo’ di grosso becco. Sui lati del “becco”, erano praticati due tagli orizzontali, per far passare l’aria. Il becco veniva poi riempito di erbe aromatiche, così da filtrare e purificare l’aria respirata dal Medico della Peste per evitare il contagio.
In tutta l’Europa medievale le erbe e gli oli aromatici svolsero un ruolo importante per evitare i contagi e i cattivi odori. Era usanza mettere vicino ai vestiti dei sacchetti contenenti piante di stagione: rose d’estate, viole in primavera, muschio d’inverno. La lebbra, il vaiolo e la peste venivano combattuti con fumigazioni di mirra o di chiodo di garofano; la maggiorana veniva raccomandata per le proprietà antispasmodiche e il rosmarino per quelle antireumatiche.
Parlando di profumi, non si possono trascurare gli Arabi che svolsero, ancor prima del Medioevo, un’importante opera di intermediazione tra l’Oriente, gli Egizi, i Greci e i Romani. Furono proprio essi a detenere per moltissimo tempo il monopolio delle preziose spezie e di tutti i costosissimi balsami provenienti dall’Oriente. Gli Arabi inoltre conoscevano e diffondevano gli usi terapeutici delle piante e i loro processi di distillazione, che Avicenna, medico e filosofo arabo, perfezionò intorno all’anno 1000. Gli Arabi distillavano soprattutto l’acqua di rose, che esportavano in tutto il bacino del Mediterraneo, curavano i reumatismi con olio di pepe, i disturbi nervosi con l’alloro, la peste con l’aglio e la cipolla.
Il Rinascimento aprì poi la strada al trionfo dei profumi, agevolato dalla diffusione delle tecniche e delle conoscenze arabe. Nel 1553 Caterina de’ Medici che andò in sposa a Enrico di Valois, futuro re di Francia con il nome di Enrico II, portò con sé non solo il proprio cuoco ma anche il proprio profumiere, contribuendo così a diffondere in Francia la moda dei profumi, ricavati per lo più da piante locali. Forse si deve proprio a Caterina de’ Medici il fatto che alla fine del XVI secolo, in Provenza, sia stata distillata la prima essenza di lavanda. Successivamente nel 1600, l’arte distillatoria italiana cominciò a decadere, sostituita da quella tedesca. Risale infatti alla fine del XVII secolo la nascita dell’acqua di Colonia, inventata tra l’altro da un italiano.
Ma la vera nascita degli aromi avvenne solo nel XX secolo, insieme a un rinnovato interesse per altre terapie quali la floriterapia di Bach. Un giorno il chimico francese Renè-H. Gattefossè si ustionò gravemente mentre stava compiendo degli esperimenti in laboratorio. Istintivamente infilò la mano in una vaschetta, posta accanto a sé, di olio essenziale di lavanda e la scottatura guarì rapidamente senza lasciare segni.
Il chimico si rese conto che gli oli essenziali potessero avere anche virtù terapeutiche e nel 1928 pubblicò il suo libro l’Aromaterapia, dando così un nome e un fondamento scientifico a una pratica applicata da millenni. Uno dei suoi allievi, Jean Valnet, iniziò la sua carriera come medico militare e durante la guerra in Indocina usò gli oli essenziali per curare i soldati feriti, ottenendo risultati tanto straordinari da indurlo ad approfondire lo studio degli oli essenziali.
A lui si deve il perfezionamento del cosiddetto aromatogramma, un esame di laboratorio di cui ancora oggi si avvale l’aromaterapeuta per scegliere l’olio essenziale più efficace nei singoli casi.
(Fonti: Oli essenziali sacri di C.W.Brown; Erodoto, Le Storie; Boccaccio, Decameron; sito web del National geographic-storia e civiltà)
A cura di Luisella Santangelo
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